Comunicato stampa UNIONCAMERE del 03/03/2017
Roma, 7 marzo 2017 – Quasi 10mila imprese in più nel 2016, con una variazione dello stock
rispetto al 2015 del +0,72%. Come mostra l’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di
Unioncamere, l’universo delle donne imprenditrici, anche lo scorso anno, ha continuato a
crescere, raggiungendo un milione e 321.862 imprese.
Lavorano nel commercio o guidano aziende agricole. Dirigono ristoranti o alberghi, si
occupano della cura e del benessere della persona o interpretano al femminile l’Italian Style
nel settore della moda. E si diffondono, andando a rappresentare oggi il 21,8% del totale
delle imprese esistenti nel nostro Paese.
Oltre il 70% dell’impresa femminile italiana si concentra in cinque settori produttivi
(commercio, agricoltura, servizi di alloggio e ristorazione, altre attività dei servizi e
manifattura). Se mediamente il peso delle donne imprenditrici è pari a poco più di un quinto
del totale, in alcuni ambiti produttivi la loro incidenza è assai più consistente. Caso
emblematico è quello delle altre attività dei servizi, in cui le imprese femminili (circa
120mila) sono oltre la metà delle attività di questo settore, primeggiando nei servizi alla
persona. Le 15.200 imprese femminili della sanità rappresentano invece circa il 38% del
totale e sono determinanti soprattutto nell’assistenza sociale residenziale e non residenziale.
Nel settore del noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese, le 50mila
aziende guidate da donne sono il 26% del totale, grazie soprattutto alla elevata presenza tra
le agenzie di viaggio e servizi per tour operator. Infine, se le 97mila imprese femminili del
settore manifatturiero rappresentano meno del 17% del totale, in alcuni segmenti
fortemente legati al made in Italy la creatività femminile trova modo di esprimersi al meglio.
E’ il caso delle attività di confezione di articoli di abbigliamento, ambito nel quale le
imprese femminili sono il 43% del totale, così come tra le industrie tessili (quasi il 30%) e
nella fabbricazione di articoli in pelle (25%).
Molise, Basilicata e Abruzzo sono le regioni in cui il tasso di femminilizzazione raggiunge i
livelli massimi mentre Trentino Alto Adige, Lombardia e Veneto quelle in cui l’incidenza
delle imprese femminili sul totale è più bassa.
Se le imprese femminili continuano a concentrarsi, rispetto a quelle maschili, maggiormente
nel Mezzogiorno, interessante è notare come la distribuzione geografica dell’impresa
artigiana assuma caratteristiche tutte peculiari. Infatti, anche se l’artigianato in “rosa”, con
Per ulteriori informazioni: 06.4704 264- 350 - 287/ 348.9025607-366.4157335
le sue 216.708 imprese registrate a fine 2016, rappresenta soltanto il 16% del tessuto
imprenditoriale femminile, questo segmento è particolarmente significativo in tanti ambiti
del fare impresa delle donne.
Un caso rilevante è quello del manifatturiero. In questo settore, su un totale di 97mila
imprese femminili registrate, ben 57mila sono artigiane. In pratica, il 58,6% delle donne che
guida una impresa manifatturiera ha scelto la forma dell’impresa artigiana, mentre, tra gli
uomini, tale incidenza è pari al 53,2%. Questo connubio “impresa femminile – artigianato” si
esprime con forza nel settore tessile, del confezionamento di articoli di abbigliamento e
nella fabbricazione di articoli in pelle, ma anche nel segmento alimentare e nella
fabbricazione di carta e prodotti in carta. Le imprese artigiane contribuiscono in misura
significativa alla formazione del tessuto imprenditoriale femminile anche nelle attività dei
servizi di informazione e altri servizi informativi e, all’interno del settore del noleggio, nelle
attività legate ai servizi per edifici e il paesaggio.
Infine, nelle altre attività di servizi, la quasi totalità delle imprese femminili sono artigiane,
sfiorando l’85%.
L’artigianato al femminile presenta quote elevate nelle Marche, in Emilia Romagna,
Lombardia e Friuli Giulia, dove circa 21 imprese femminili ogni 100 attività guidate da donne
sono artigiane, quindi in Veneto, Toscana e Piemonte, dove lo sono mediamente 20 su 100.
rispetto al 2015 del +0,72%. Come mostra l’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile di
Unioncamere, l’universo delle donne imprenditrici, anche lo scorso anno, ha continuato a
crescere, raggiungendo un milione e 321.862 imprese.
Lavorano nel commercio o guidano aziende agricole. Dirigono ristoranti o alberghi, si
occupano della cura e del benessere della persona o interpretano al femminile l’Italian Style
nel settore della moda. E si diffondono, andando a rappresentare oggi il 21,8% del totale
delle imprese esistenti nel nostro Paese.
Oltre il 70% dell’impresa femminile italiana si concentra in cinque settori produttivi
(commercio, agricoltura, servizi di alloggio e ristorazione, altre attività dei servizi e
manifattura). Se mediamente il peso delle donne imprenditrici è pari a poco più di un quinto
del totale, in alcuni ambiti produttivi la loro incidenza è assai più consistente. Caso
emblematico è quello delle altre attività dei servizi, in cui le imprese femminili (circa
120mila) sono oltre la metà delle attività di questo settore, primeggiando nei servizi alla
persona. Le 15.200 imprese femminili della sanità rappresentano invece circa il 38% del
totale e sono determinanti soprattutto nell’assistenza sociale residenziale e non residenziale.
Nel settore del noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese, le 50mila
aziende guidate da donne sono il 26% del totale, grazie soprattutto alla elevata presenza tra
le agenzie di viaggio e servizi per tour operator. Infine, se le 97mila imprese femminili del
settore manifatturiero rappresentano meno del 17% del totale, in alcuni segmenti
fortemente legati al made in Italy la creatività femminile trova modo di esprimersi al meglio.
E’ il caso delle attività di confezione di articoli di abbigliamento, ambito nel quale le
imprese femminili sono il 43% del totale, così come tra le industrie tessili (quasi il 30%) e
nella fabbricazione di articoli in pelle (25%).
Molise, Basilicata e Abruzzo sono le regioni in cui il tasso di femminilizzazione raggiunge i
livelli massimi mentre Trentino Alto Adige, Lombardia e Veneto quelle in cui l’incidenza
delle imprese femminili sul totale è più bassa.
Se le imprese femminili continuano a concentrarsi, rispetto a quelle maschili, maggiormente
nel Mezzogiorno, interessante è notare come la distribuzione geografica dell’impresa
artigiana assuma caratteristiche tutte peculiari. Infatti, anche se l’artigianato in “rosa”, con
Per ulteriori informazioni: 06.4704 264- 350 - 287/ 348.9025607-366.4157335
le sue 216.708 imprese registrate a fine 2016, rappresenta soltanto il 16% del tessuto
imprenditoriale femminile, questo segmento è particolarmente significativo in tanti ambiti
del fare impresa delle donne.
Un caso rilevante è quello del manifatturiero. In questo settore, su un totale di 97mila
imprese femminili registrate, ben 57mila sono artigiane. In pratica, il 58,6% delle donne che
guida una impresa manifatturiera ha scelto la forma dell’impresa artigiana, mentre, tra gli
uomini, tale incidenza è pari al 53,2%. Questo connubio “impresa femminile – artigianato” si
esprime con forza nel settore tessile, del confezionamento di articoli di abbigliamento e
nella fabbricazione di articoli in pelle, ma anche nel segmento alimentare e nella
fabbricazione di carta e prodotti in carta. Le imprese artigiane contribuiscono in misura
significativa alla formazione del tessuto imprenditoriale femminile anche nelle attività dei
servizi di informazione e altri servizi informativi e, all’interno del settore del noleggio, nelle
attività legate ai servizi per edifici e il paesaggio.
Infine, nelle altre attività di servizi, la quasi totalità delle imprese femminili sono artigiane,
sfiorando l’85%.
L’artigianato al femminile presenta quote elevate nelle Marche, in Emilia Romagna,
Lombardia e Friuli Giulia, dove circa 21 imprese femminili ogni 100 attività guidate da donne
sono artigiane, quindi in Veneto, Toscana e Piemonte, dove lo sono mediamente 20 su 100.