Si è iniziato a parlare diffusamente di Industrie Culturali e Creative (ICC) colpevolmente solo all’indomani dell’inizio della crisi economica globale (2007/2008). Chiaramente già si conosceva questo settore e molto se ne è scritto, però è divenuto d’attualità con la crisi.
La motivazione di tale curiosità risiede probabilmente nel fatto che ormai è più facile parlare, piuttosto che di situazione di crisi, di “nuova normalità”; qualcosa è cambiato ed è cambiato in maniera irreversibile e quindi è mutata anche la “visione” dell’economia. Si parla sempre meno, infatti, di industria pesante e di altre tipologie di industria che hanno fatto la fortuna del nostro Paese – ma che probabilmente hanno fatto anche il loro tempo – e si comincia a parlare anche di industrie culturali.
A questo punto è opportuno chiedersi che cosa sono le Industrie Culturali e Creative.
Per rispondere al quesito, si può utilizzare il modello “a cerchi concentrici” elaborato dall’economista australiano David Throsby nel 2001. L’efficacia del modello sta nella sua capacità di originare nel lettore un’immagine graficamente semplice e contemporaneamente chiara.
Si pensi, in primis, ad un cerchio piccolo contenente arti dello spettacolo e visive, letteratura e musica, che rappresentano il cuore pulsante della ICC.
Dopodiché vi è un secondo cerchio composta da biblioteche, cinema e musei e che naturalmente racchiude il primo cerchio; regola che varrà anche per i cerchi successivi. In questo secondo cerchio sono presenti settore che sono “a servizio” dei settori del cerchio originario.
C’è quindi un terzo cerchio dove sono presenti editoria, servizi di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, televisioni e radio. Dall’analisi del terzo cerchio appare evidente che nell’allontanarsi dal primo cerchio il livello culturale si abbassa a beneficio di quello commerciale e quindi si entra sempre più nel concetto di “industria” culturale e creativa.
Per arrivare, infine, all’ultimo cerchio che è composto da architettura, design, moda e pubblicità.
Si può capire come spostandosi dal primo cerchio in direzione del quarto non si perde il valore culturale, ma si trasforma perché, naturalmente, per fare “industria” non è necessario avere solamente l’essenza dell’arte e della cultura, ma serve una sua implementazione in un sistema economico.
Per rispondere al quesito, si può utilizzare il modello “a cerchi concentrici” elaborato dall’economista australiano David Throsby nel 2001. L’efficacia del modello sta nella sua capacità di originare nel lettore un’immagine graficamente semplice e contemporaneamente chiara.
Si pensi, in primis, ad un cerchio piccolo contenente arti dello spettacolo e visive, letteratura e musica, che rappresentano il cuore pulsante della ICC.
Dopodiché vi è un secondo cerchio composta da biblioteche, cinema e musei e che naturalmente racchiude il primo cerchio; regola che varrà anche per i cerchi successivi. In questo secondo cerchio sono presenti settore che sono “a servizio” dei settori del cerchio originario.
C’è quindi un terzo cerchio dove sono presenti editoria, servizi di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, televisioni e radio. Dall’analisi del terzo cerchio appare evidente che nell’allontanarsi dal primo cerchio il livello culturale si abbassa a beneficio di quello commerciale e quindi si entra sempre più nel concetto di “industria” culturale e creativa.
Per arrivare, infine, all’ultimo cerchio che è composto da architettura, design, moda e pubblicità.
Si può capire come spostandosi dal primo cerchio in direzione del quarto non si perde il valore culturale, ma si trasforma perché, naturalmente, per fare “industria” non è necessario avere solamente l’essenza dell’arte e della cultura, ma serve una sua implementazione in un sistema economico.
Dalla lettura della definizione delle ICC può nascere spontaneamente la domanda: perché le Industrie Culturali e Creative possono rappresentare una valida alternativa alle industrie “classiche”?
Innanzitutto perché le ICC hanno un coefficiente moltiplicatore pari ad 1,8. In altre parole, ogni euro che viene speso all’interno di queste industrie statisticamente produce una spesa di 1,8 euro in tutto il resto del sistema economico ed il turismo è il settore che ne beneficia maggiormente con un 30% della spesa in servizi turistici “attivata” dalle ICC.
Al di là del valore matematico, il tema del moltiplicatore porta ad una riflessione importante: qualsiasi investimento fatto nelle Industrie Culturali e Creative automaticamente è un investimento sull’intero sistema produttivo ed interessa quindi tutti gli operatori economici.
Innanzitutto perché le ICC hanno un coefficiente moltiplicatore pari ad 1,8. In altre parole, ogni euro che viene speso all’interno di queste industrie statisticamente produce una spesa di 1,8 euro in tutto il resto del sistema economico ed il turismo è il settore che ne beneficia maggiormente con un 30% della spesa in servizi turistici “attivata” dalle ICC.
Al di là del valore matematico, il tema del moltiplicatore porta ad una riflessione importante: qualsiasi investimento fatto nelle Industrie Culturali e Creative automaticamente è un investimento sull’intero sistema produttivo ed interessa quindi tutti gli operatori economici.
Un’altra caratteristica degna di nota delle ICC è rappresentata dal circolo virtuoso che si crea tra consumatore e produttore di cultura. Il consumo di un prodotto culturale, infatti, non pregiudica mai il consumo di un altro prodotto culturale, ma anzi in un certo modo le due fruizione si auto-alimentano e tale processo di auto-alimentazione è molto specifico delle Industrie Culturali e Creative.
Un terzo aspetto rilevante delle ICC è che producono pochi rifiuti. A differenze di altre industrie, infatti, è molto minore la produzione di qualunque tipo di scarto ed è quindi determinante in un’epoca moderna dove il tema dei rifiuti è assolutamente centrale. Questa proprietà delle ICC rappresenta un chiaro vantaggio competitivo perché una parte della ricchezza prodotta dalle industrie che generano rifiuti necessariamente si perde nelle spese di smaltimento dei rifiuti stessi.
In sintesi, la quasi totale assenza di rifiuti, il circolo virtuoso produttore/consumatore ed il coefficiente moltiplicatore fanno delle Industrie Culturali e Creative un settore con le peculiarità adatte per trainare il sistema economico nazionale, anche e soprattutto per il fatto che l’Italia possiede un enorme giacimento di ciò che rappresenta la materia prima delle ICC, ovvero cultura e creatività.
Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 24/08/2017 - Serie di articoli dedicata alle Industrie Culturali e Creative (ICC)